3. Jon Jones
L’anno che sarebbe dovuto essere quello della redenzione di Jon Jones, in cui ‘Bones’ è riuscito a mettersi alle spalle tutti i suoi demoni per diventare di nuovo campione, concludendo così una storia strappalacrime degna di Hollywood.
In effetti le lacrime ci sono state, ma non quelle di gioia, bensì quelle di coccodrillo di Jones stesso: ad UFC 200 avrebbe dovuto far parte del main event, ma un risultato positivo ad un test anti-doping non glielo ha permesso e lo ha spinto ad apparire in pubblico per spiegarsi e per fare pena. Un sentimento che ho in parte provato, ma che poi si è trasformato in risentimento quando si sono scoperte le ragioni della positività: Jones, dimostrando di non essere un fulmine di guerra, ha preso uno sostanza per migliorare le prestazioni sessuali consigliata da un suo compagno di squadra, senza preoccuparsi di farla controllare dal suo medico o dalla USADA.
Almeno nel 2017 avrà l’opportunità di rimettere la sua situazione in ordine: in fin dei conti la sua ‘eredità’ non è macchiata in maniera indelebile.