Qualsiasi appassionato di MMA avrà notato che alla manifestazione sportiva per eccellenza – le Olimpiadi – manca proprio la disciplina amata. Eppure il pancrazio, antenato delle moderne MMA, era una delle colonne portanti delle antiche celebrazioni atletiche greche. Quando le moderne Olimpiadi furono re-introdotte nel 1896, si decise di non “resuscitare” il pancrazio perché quest’ultimo non rispecchiava lo spirito di internazionalità con il quale il barone Pierre de Coubertin aveva ideato la manifestazione. Per inquadrare al meglio questo spirito va ricordato il motto, famosissimo, di de Coubertin:
L’importante non è vincere, ma partecipare.
Ai giorni nostri uno spettatore delle Olimpiadi può vedere molte delle discipline che formano il background delle MMA – lotta Libera e Greco-Romana, Boxe, Judo e Taekwondo – ma non le arti marziali miste stesse. Questo paradosso si risolve se si pensa alla differenza che passa tra il pugilato olimpionico e quello professionista. Nel primo gli atleti sono molto più protetti e manca soprattutto l’aspetto brutale che caratterizza il secondo. Da questo esempio si capisce quanto poco siano abituati gli spettatori delle Olimpiadi alla durezza degli sport da combattimento.
Dana White, presidente della UFC, e August Whallen, a capo della IMMAF, si sono dichiarati più volte favorevoli ad un approdo della disciplina alle Olimpiadi, per la popolarità che ne deriverebbe e per la legittimità che questo sport acquisterebbe. Se questo dovesse accadere, c’è da chiedersi quanto le MMA sarebbero trasfigurate: i lottatori indosserebbero le protezioni? Si vieterebbero le gomitate per evitare ferite sanguinanti? Le sottomissioni sarebbero tolte perché gli atleti non rischino di infortunarsi seriamente? E così via.
A questo proposito va dunque ricordato che uno sport, prima che entri nel programma olimpico, deve seguire un iter decisionale della durata di anni. Il Comitato Olimpico Internazionale, massima autorità a livello mondiale incaricata dell’organizzazione delle Olimpiadi, valuta tutti gli aspetti e i criteri per le nuove discipline da inserire nei Giochi. Tra questi criteri vanno ricordati la possibilità di guadagno di uno sport, la sicurezza degli atleti coinvolti e la vendibilità alle televisioni.
Bisogna, appunto, considerare che le Olimpiadi sono anche un prodotto televisivo e in quanto tale devono essere prodotte per il target adeguato. Come reagirebbe lo spettatore occasionale guardando un match come quello tra la neo-campionessa Joanna Jedrzejczyk e Carla Esparza? Siamo sicuri che sempre lo stesso spettatore capirebbe il gesto tecnico dietro a ginocchiata da un clinch di Thai? Oppure cambierebbe canale inorridito alla prima goccia di sangue?
Quindi, se mai le MMA dovessero approdare alle Olimpiadi non sarebbero mai le stesse proposte dalla UFC. Le probabilità di vedere questa disciplina nel 2016 in Brasile sono pari a zero, così come sono bassissime le probabilità che venga proposta a quelle di Tokyo nel 2020. Questo sport è troppo giovane, manca ancora di un regolamento unico mondiale, oltre che di una profondità dei roster maschili e sopratutto femminili. Bisogna, poi, tenere conto della penuria di sponsor mondiali (Reebok a parte) oltre che di varie bagarre burocratiche – come trasmettere in televisione le MMA in un paese in cui sono vietate?
Il fatto che la United World Wrestling, la federazione internazionale che gestisce gli stili di lotta, sia riuscita a far entrare il pancrazio negli Sport Accord Combat Games, evento riconosciuto dal CIO, fa ben sperare. Chissà che per le Olimpiadi del 2024…