Tutti conoscono la campionessa UFC Ronda Rousey, sia per le gesta all’interno della gabbia che le sono valse la nomea di “donna più pericolosa al mondo” sia per l’indiscutibile bellezza che l’ha fatta paragonare da molti ad una cinematografica “Bond Girl”.
Forse, però, non tutti sanno che la campionessa da piccola soffriva di aprassia e di recente ha avuto modo di aiutare a combattere questo disturbo. L’aprassia è un disturbo neuropsicologico del movimento volontario, definito come l’incapacità di compiere gesti coordinati e diretti a un determinato fine, sebbene siano mantenute inalterate sia la volontà del soggetto che la sua capacità motoria. Come in molte malattie neurologiche, le persone affette da tale disturbo in genere non sanno di esserlo.
Ecco quanto la campionessa racconta nel suo libro autobiografico:
Sono nata con il cordone ombelicale avvolto intorno al collo, quindi mi stava bloccando la respirazione. Il mio cuore si è fermato. Quando sono uscita ero tutta blu e fiacca. Da 0 a 10 sull’Indice di Apgar, utilizzato per indicare la salute dei bambini al momento della nascita, sette è considerato buono. Il mio punteggio era zero. La mamma dice che i medici pensavano fossi morta. […] Alla fine, i medici sono riusciti a farmi respirare. Hanno tagliato il cordone e me l’hanno tolto da intorno al collo, mi hanno fatto poi la respirazione bocca a bocca, pompandomi ossigeno. Poi, dopo quello che mia mamma descrive come un’eternità, ma che probabilmente durò solo pochi minuti, ho iniziato a respirare e il mio cuore ha ripreso a battere.
I genitori di Ronda, ovviamente, erano felici che la figlia fosse sopravvissuta, ma il medico disse loro che avrebbe potuto avere danni cerebrali, anche se non si fossero manifestati subito. Alla madre fu detto che se il danno fosse stato esteso ad aree che controllano le abilità motorie e del linguaggio, gli effetti sarebbero stati evidenti solo quando la bambina sarebbe arrivata nelle fasi successive dello sviluppo.
Dopo aver compiuto due anni e non aver ancora cominciato a dire una parola, i miei genitori hanno cominciato a preoccuparsi. Il mio pediatra diceva a mia mamma un sacco di cose, che avrei cominciato a parlare non appena sarei stata pronta o che non parlavo perché non avevo il bisogno di farlo. Le mie due sorelle più grandi sembravano capire quando volevo comunicare il mio desiderio per un biscotto o per giocare con “My Little Pony”. Ma la mia mamma sapeva che qualcosa non andava. Aveva due altre figlie e stava prendendo lezioni in cose come Psicologia dello Sviluppo mentre lavorava al suo Dottorato.
Il mio terzo compleanno era alle porte, ma non avevo ancora detto una sola parola intelligibile. Così mi hanno portata da un sacco di specialisti. Non trovavano niente in particolare di sbagliato in me, ma i medici sembravano credere che l’essere stata senza ossigeno alla nascita potesse avere qualcosa a che fare con la mia difficoltà di imparare a parlare.
Ecco un esempio lampante di quanto fosse grave e frustrante le situazione della campionessa, raccontata con le sue stesse parole:
Al mio terzo compleanno, più di qualsiasi altra cosa, volevo un pupazzo di Hulk Hogan. Ero solita guardare con le mie sorella la WWF [World Wrestling Federation, ora nota come WWE] il sabato mattina dopo il cartone animato degli “X Men”. […] Uno dei più grandi giocattoli a essere stato messo in vendita negli anni ’80 è stato il Wrestling Buddy, un cuscino alto mezzo metro con le fattezze di Hulk Hogan. Gli si poteva fare il body-slam, fare la lotta e buttarlo a terra. Era incredibile. Quando mia mamma mi ha chiesto cosa volevo, ho continuato a ripetergli una parola, ‘Balgrin’. Nessuno aveva la minima idea di quello che volevo dire. […]
Siamo andati in un negozio di giocattoli e lì ho incontrato il più grande commesso che sia mai vissuto, meritevole di entrare nella Hall of Fame dei venditori di giocattoli. Appena siamo entrati, mio padre gli si avvicinò e gli disse:
‘La mia bambina vuole un Balgrin. Non so cosa diavolo è un Balgrin, ma noi non ce ne andremo finché non ne avremo uno.’
‘Beh…che cosa fa questo giocattolo?’ ha chiesto il ragazzo.
Avevo paura di parlare, così mi sono buttata a terra un paio di volte. L’impiegato non rise. Rimase a pensare per un momento. Io lo guardai con speranza.
‘Vuoi dire un Wrestling Buddy? Tipo un cuscino, ma fare la lotta con lui.’
Annuii lentamente.
‘Balgrin’ dissi.
‘Giusto’ rispose, come se avessi detto chiaro come il sole, ‘Hulk Hogan’.
Ne prese uno da qualche scaffale in magazzino. Io mi misi a danzare felicemente tra le corsie. Mia madre ringraziò il cielo. L’impiegato pose un Wrestling Buddy tra le mie mani e io ero piena di gioia.
Con il tempo il disturbo è scomparso del tutto, ma nelle sue parole si può leggere la sofferenza attraverso la quale è passata la campionessa. Durante una recente sessione di autografi, Ronda Rousey ha avuto modo di parlare dell’aprassia con Laura Smith, una donna la cui figlia soffre di questo disturbo.
Pochi giorni dopo il loro incontro, la campionessa ha postato su Facebook queste immagini, fotografando il volantino ricevuto da Laura Smith il quale contiene alcuni dei sintomi più frequenti che si manifestano in chi soffre di aprassia:
Il gesto della campionessa ha senza ombra di dubbio dato una mano alla diffusione delle informazioni su questa malattia ancora relativamente poco conosciuta. La speranza è quella che conoscendola maggiormente si possano anche trovare anche cure migliori.
Se volete leggere il racconto (in inglese) di Laura Smith dell’incontro con la campionessa, lo potete trovare QUI.
QUI invece potete comprare il libro autobiografico di Ronda Rousey, per ora solo in inglese, nella speranza che qualche casa editrice italiana ne compri i diritti!
Ronda Rousey tornerà a lottare a novembre contro Holly Holm, imbattuta lottatrice del team di Greg Jackson!