Alla fine degli anni ’70 il duo di mangaka giapponesi “yudetamango” (uovo sodo) crearono un eroe strampalato che faceva il verso al più blasonato ultraman e a tutto il resto della schiera di uomini in costume improbabile che ogni due per tre diventavano dei giganti per combattere il mostro di turno.
Questo “eroe” si chiama “kinnikuman” ovvero “uomo muscolo”, un caciarone combina guai che doveva nutrirsi con quantità industriali di aglio per diventare un gigante.
La serie poi cambierà decisamente strada e il “nostro” kinnikuman diventerà un lottatore professionista alle prese con altri lottatori, uno più strampalato dell’altro, per vincere il titolo di “eroe più forte della galassia”.
Molti di voi avranno avuto a che fare, inconsapevolmente, con questi singolari personaggi, dato che i famosi “exogini” che imperversavano nella seconda metà degli anni ’80, altri non erano che i lottatori delle avventure di kinnikuman spacciati per “misteriosi invasori alieni”.
Tutto questo preambolo, a cosa serve direte voi ? Beh se si vuole parlare di Ikuhisa “MINOWAMAN” Minowa è necessario avere un minimo di background su cosa ha spinto questo pazzo scatenato a fare quello che fa sui ring di MMA del Sol Levante.
Ikuhisa Minowa comincia la sua carriera di fighter (perdendo) durante l’ormai leggendaria “Lumax cup” del ’96, un torneo di shootfighting combattuto sul tatami che vide affrontarsi molti dei fighters giapponesi che sarebbero poi “esplosi” negli anni successivi.
La carriera del fighter nipponico continua poi nel Pancrase tra alti e bassi, ma già durante i 7 anni trascorsi sul ring di questa storica promotion si ha modo di vedere il suo stile (che definire poco ortodosso è un eufemismo) fatto di mosse funamboliche prese in prestito dal pro-wrestling.
Me non è sulla sua carriera di “onesto middleweight” che ci vogliamo concentrare oggi, bensì su quella che lo avvicina al suo idolo “cartaceo” e che a metà degli anni 2000 gli ha fatto cambiare il ring name da “The punk” a “MINOWAMAN”, ovvero quella da “giant killer”.
È proprio durante l’esperienza al Pancrase che Minowa ha il suo primo incontro con un “gigante”, il 18 settembre 1999 si vede di fronte la montagna olandese che oggigiorno domina incontrastata i ring del K-1, Semmy Schilt.
L’eroe “dalle mutande rosse” non riesce a sconfiggere il “mostro dei paesi bassi” e si deve arrendere dopo 15 minuti di match alla decisione dei giudici.
Nel 2003 passa al PRIDE e subito affronta altri due “giganti” delle MMA, non di statura, ma di blasone e cattiveria, ovvero Quinton Jackson e Wanderlei Silva.
Purtroppo in entrambi i match Minowa fa una “brutta fine” ed entra di diritto nella schiera di “tomato cans” nipponiche che i detrattori del fu PRIDE associano ai record dei due fighters sopraccitati.
La prima vittoria in stile MINOWAMAN arriva in occasione del match contro il kickboxer tedesco Stefan Leko.
Il 31 dicembre 2004 i fans della Saitama Super Arena poterono ammirare un dropkick seguito da una heel hook che portarono Minowa alla vittoria in soli 27 secondi.
Dopo una “pausa” di circa due anni in cui si è dedicato a match nella sua categoria di peso (a parte le vittorie contro Kimo e Gilbert Yvel), memorabili le battaglie con Phil Baroni degne di un film di Rocky, il nostro eroe torna ad affrontare avversari molto più grandi di lui.
Questa volta si fa sul serio dato che deve affrontare un vero “mostro”, il fighter brasiliano Paulo Cesar “Giant” Silva.
MINOWAMAN ha ragione del “gigante dell’amazzonia” in pieno stile kinnikuman, dopo una breve fase di studio sfodera una capriola che gli consente di portare a terra l’avversario con una single leg takedown per poi finirlo a suon di ginocchiate.
Sempre nel 2006 partecipa al PRIDE Openweight GP, ma ha la sfortuna di incontrare al primo round il fighter croato Mirko “Crocop” Filipovic che lo massacra in poco più di un minuto.
Dopo questa brutta sconfitta è la volta di affrontare un altro “scherzo della natura”: il colossale Eric “Butterbean” Esch.
MINOWAMAN sfodera ancora una volta un dropkick talmente ben eseguito quanto inutile, ma riesce in breve tempo a portare a terra il colossale pugile americano e a sottometterlo con un armbar al primo round.
Nell’episod… ehm match successivo il “vendicatore dal pizzetto che conquista” se la vede con l’ex pro wrestler della WWE, Mike Plotcheck, conosciuto sui ring statunitensi come “Bart Gunn”.
Il match è molto confuso e tirato per le lunghe tanto che i due arrivano alla fine dei 2 round completamente spompati. Sarà però il “nostro” ad avere la meglio per decisione unanime.
Con lo smantellamento del PRIDE, il nostro fighter passa al K-1 che gli riserva subito un avversario di un certo peso.
Il 31 dicembre 2007 Minowa è coinvolto nella sua più “grande” sfida fino ad allora affrontata.
Deve affrontare un altro “mostro dell’amazzonia”, il colossale Zuluzinho, che, manco fosse un episodio dell’uomo tigre, è pure allenato dal padre, Zulu, leggenda della luta livre e del vale tudo.
Tra i due fighters c’è una differenza di peso di circa 200 libbre e volenti o nolenti durante il match si farà sentire, nonostante Minowa ce la metta tutta per avere la meglio del “mostro” che ha di fronte, riuscendo anche a mettere a segno una proiezione da judoka che manda in visibilio l’arena.
Purtroppo per lui dovrà arrendersi verso la fine del match quando gli uomini del suo angolo gettano la spugna dato che il loro fighter è esausto oltre ogni modo.
Nei mesi successivi MINOWAMAN si divide tra i ring della DREAM (la nuova divisione MMA del K-1) e della DEEP, dove colleziona alcune vittorie, ma anche sconfitte.
Arriviamo al 2009 che può essere considerato pienamente come il miglior anno per il fighter nipponico, soprattutto dal punto di vista del “giant killer”.
La DREAM decide di organizzare il Super Hulk Grand Prix, un torneo openweight che vede tra i suoi partecipanti alcuni fighters molto validi, uno su tutti Gegard Mousasi, ma anche atleti ormai considerati “fenomeni da baraccone” come Hong Man Choi e Bob Sapp.
Al primo round MINOWAMAN affronta proprio quest’ultimo che, confermando di essere oramai indegno di essere chiamato fighter, perde in poco più di un minuto per sottomissione.
Al secondo round l’avversario è il colossale “Techno Goliath” Hong Man Choi, che è un avversario di tutt’altra caratura rispetto all’ex giocatore di football americano.
Il match è caratterizzato da lunghe fasi di studio e alcuni scambi di colpi, che testimoniano la pericolosità dei colpi del koreano, ma al secondo round Minowa riesce a portarlo a terra e a sottometterlo, mandando in visibilio gli spettatori.
Arriviamo così alla finale in cui avrebbe dovuto affrontare l’armeno Gegard Mousasi, in un match con i pronostici praticamente a senso unico.
Mousasi però deve rinunciare alla sfida dato che deve combattere negli U.S.A. in un evento Strikeforce, così in finale al suo posto va il camerunese Sokoudjou.
Il 31 dicembre 2009 è il trionfo di MINOWAMAN, il quale dopo 3 round abbastanza noiosi fatti di pochi scambi di colpi e molte fasi di stanca riesce a mettere al tappeto con una furiosa scarica di pugni il fighter africano conquistando la vittoria del torneo!
L’ultimo match del “choujin” in carne ed ossa risale al 22 marzo scorso, quando in occasione del DREAM. 13 ha battuto nel secondo round per sottomissione il colosso americano Kimmy Ambriz.
Il personaggio di cui abbiamo “narrato le gesta” fino ad adesso o lo si ama o lo si odia, dato che è talmente sopra le righe che è facile per i “puristi” delle MMA o chi è poco avvezzo al “particolare” mondo del kakutogi nipponico, considerarlo un pagliaccio.
Tuttavia è innegabile che ad ogni suo incontro Minowa riesce a farci entrare in un mondo fatto di “mostri” ed “eroi” che ci fa capire quanto in questo sport ci sia anche un qualcosa che va oltre alla tecnica sopraffina e alle supersfide tra atleti blasonati e che ci fa per alcuni istanti tornare tutti un po’ bambini.